I grandi li hanno sempre tanto amati

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Cardinale Richelieu (1585-1642): Fu il primo ministro del re di Francia Luigi XIII e tra gli uomini più potenti e abili del Seicento. Adorava i gatti e se ne circondava: nel suo palazzo residenziale fece persino aprire una chatterie con personale esclusivo.I cronisti dell’epoca ci narrano che dormiva con loro, li nutriva a petto di pollo, lavorava alla scrivania e riceveva gli ambasciatori regalmente seduto con uno dei suoi mici sulle ginocchia, scegliendolo a turno. Quando morì ne lasciò ben quattordici tra persiani e angora, oltre a una montagna di soldi per il loro mantenimento.

 

Albert Schweitzer (1875-1965): «Ci sono solo due grandi rifugi dalle miserie della vita: la musica e i gatti». Parola di Albert Schweitzer, il grande medico e missionario tedesco, premio Nobel per la pace nel 1952.Appassionato di musica (fu un bravo organista e un eccellente interprete di Bach), il dottor Schweitzer fu un grande amante dei gatti.

Sebbene mancino, imparò a scrivere le ricette mediche con la mano destra quando la sua amatissima micia Sizi prese l’abitudine di addormentarsi acciambellata sul braccio sinistro: il dottore le era così devoto da non pensare nemmeno di svegliarla.

Jack Kerouac (1922-1969): «Ho amato Tyke con tutto il mio cuore. Quando era un micetto, mi stava nel palmo di una mano, mi si addormentava addosso con la testina ciondolante e faceva le fusa per ore».A parlare così non è una romantica signorina d’altri tempi ma il poeta e scrittore statunitense “padre” più ribelle e anticonformista della Beat Generation: Jack Kerouac. Sappiamo che ebbe sempre molti gatti, ma Tyke, un grosso persiano calico, fu uno dei suoi più intensi amori.

Freddie Mercury (1946-1991): Fondatore e cantante dei Queen, gruppo rock inglese, è stato musicista e compositore di talento, tanto da entrare nella leggenda quando morì nel 1991.Personalità eccentrica e carismatica sul palco, nella vita privata Freddie Mercury fu un uomo dolce, riservato e sensibile. Passò la vita circondato da gatti, per lo più salvati dal gattile o dalla strada, che amava visceralmente e di cui soffriva la mancanza durante le lunghe tournée. Preoccupato all’idea che soffrissero per la sua assenza, cercava di parlare loro attraverso la cornetta del telefono, sperando di tranquillizzarli.

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