Le parole che usiamo con il nostro cane o gatto hanno un peso?

Articolo di:  Dr Maria Mayer medico veterinario

Prendo spunto da quanto accaduto durante queste ultime settimane per una riflessione: le parole che usiamo con il nostro cane o gatto hanno un peso? Dirgli “bravo”, “buono”, “amore” o al contrario “cattivo”, “incapace”, “mostro” fa differenza? Come sempre la Verità è Una, ma non è detto che analisi fatte da punti di vista differenti non diano risultati differenti e apparentemente contraddittori magari!  Prendete il mio come uno spunto di riflessione, poi a voi trarre le conclusioni

Una coppia di clienti mi raccontava pochi giorni fa di come il loro “Gattone-7-kg-d’amore-puro” amasse salire la domenica mattina sul letto per andarsi ad appisolare sulle spalle di Lei, ancora dormiente. Ovviamente Lui è geloso di questo atteggiamento e continua a pensare che il Gattone voglia rubargli la moglie. Per questo Lui usa spesso rivolgersi a Gattone chiamandolo “pulcioso”, “pidocchioso”, “buono a nulla”, “mangia pane a tradimento” e altri simpatici epiteti su questo stampo. Ovviamente Lui fa tutto in modo scherzoso, mescolando la punta di gelosia infantile (tipica di tutti gli uomini, se posso permettermi  ) al suo caratteristico lato scherzoso. Lei ha sempre sostenuto che Gattone capisce, e che ci “rimane male” ma Lui sostiene che “il pidocchioso non capisce nulla”.

Davvero è così? I nostri animali domestici quanto e cosa comprendono del senso delle nostre parole? Ma soprattutto, siamo davvero convinti che le parole che usiamo, comprese in modo intellettivo o meno, non siano da pesare con il nostro cane o il nostro gatto?

Diversi studi hanno dimostrato come sia cani che gatti abbiano una comprensione ANCHE intellettiva di parole e gesti dell’essere umano. Questo cosa vuol dire? Ad esempio che un cane è capace di intendere diverse parole utilizzate dal suo proprietario ad esempio per definire oggetti o persone. Un articolo pubblicato su Science nel 2004 riporta come Rico, un Border Collie, fosse in grado di riconoscere 200 parole diverse associandole ad uno specifico oggetto. Altri report suggeriscono primati ancora maggiori (1.022 parole diverse per Chaser, un altro Border Collie in South Carolina!!).

Parole, parole, parole…” diceva la canzone. Sì, ma i gesti? Anche! I cani hanno dimostrato di essere perfettamente in grado di distinguere gesti del loro proprietario. In uno studio addirittura i cani dimostravano di “fidarsi” maggiormente del gesto del loro proprietario piuttosto che del loro naso o della loro vista nella scelta della giusta ciotola contenente cibo!  sono creature adorabili, lo so.

E i gatti? Per molto tempo si è pensato che questa specie non fosse in grado di intendere il linguaggio umano come il cane, non avendo vissuto una co-evoluzione stretta come il cane assieme all’uomo e non avendo subito una spinta alla selezione genetica di razze da lavoro che per necessità devono essere in grado di intendere meglio il loro conduttore. Non sappiamo ancora molto della comunicazione gatto-uomo, ma uno studio pubblicato nel 2013 ha dimostrato come i gatti siano mediamente in grado di distinguere la voce del loro umano… ma non rispondono! da un punto di vista socio-evolutivo in effetti il gatto non ha mai avuto bisogno di “obbedire” all’uomo, ma più che altro sembrano prendere loro l’iniziativa nell’interazione con l’uomo.

Ma, al di là della comprensione intellettiva di parole, gesti o suoni, possiamo immaginare un livello più profondo di comprensione fra uomo e animale? Tornando alla storiella iniziale, Gattone capisce la parola “pidocchioso”? non possiamo saperlo. Ma … queste parole possono comunque avere un effetto su di lui? I nostri animali hanno cioè una comprensione emozionale della nostra comunicazione, gesti o parole?

È curioso costatare a volte come una domanda semplice possa non avere una risposta chiara dalla ricerca scientifica. Quando si esce dal campo del corpo fisico e si entra infatti nell’emozionale, in tutta quella parte di mondo che non è visibile o misurabile, la nostra scienza meccanicistica arranca. Qualche studio comunque ci sta, ad esempio l’Università di Milano ha sottolineato come il disagio emozionale espresso dall’ umano possa rispecchiarsi nel suo amico felino quando posti di fronte ad un’esperienza nuova.

In fondo, se ci pensiamo, non credo che nessun proprietario di animale abbia dubbi sul fatto che il proprio amico possa riconoscere empaticamente lo stato d’animo in cui ci troviamo. Questo dipende solo da gesti, toni di voce, feromoni? Oppure una comunicazione “Cuore a Cuore” è la vera ragione? o entrambe? non possiamo studiarlo tramite la scienza meccanicistica, ma di certo ciascuno di noi può sperimentarlo nella sua vita e forse la fisica quantistica ci aprirà nuovi orizzonti di conoscenza (ma questo è un altro grande capitolo).

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