“L’identità del gatto”, l’universo felino raccontato in un libro

Da secoli conviviamo con questa piccola “tigre” subendone il fascino, l’eleganza e la magia. Troppo spesso, però, proiettiamo su di lui sentimenti e pregiudizi troppo umani. L’etologo e filosofo Roberto Marchesini nella sua ultima opera ne fa un ritratto inedito (per la maggior parte di noi)

Di Manuela Fiorini

BOLOGNA – “Egoista”, “edonista”, “si affeziona solo alla casa”, “opportunista”, ma anche elegante, giocherellone, affascinante, magico…in una parola “gatto”. Sono tante le idee che, nel corso dei secoli, ci siamo fatti del micio, subendone comunque il fascino innato. Perché in quattro chili di felino si nasconde una vera “tigre in miniatura”, con tutte le caratteristiche della sua specie. In passato, invece, il pregiudizio si è spesso rivolto contro di lui, facendone un simbolo di magia e servo del male. Tuttavia, da quando è iniziata la sua convivenza con l’uomo, nata quando da cacciatori i nostri progenitori sono diventati agricoltori e si sono accorti che i gatti potevano essere un valido aiuto per tenere lontano i roditori che infestavano il raccolto e portavano malattie, ha conquistato un posto speciale nel nostro cuore, al punto che, oggi, il numero dei gatti che vivono nelle case degli italiani ha superato quello dei cani. Tuttavia, spesso la scarsa conoscenza della sua indole e della sua natura ci portano a commettere errori, di comportamento, di cura ed educazione del micio, che rischiano di compromettere il nostro rapporto con lui.

Nel libro L’identità del gatto (Apeiron, 2017) l’etologo, zooantropologo e filosofo Roberto Marchesini, ne traccia un ritratto veritiero e inedito (per la maggior parte di noi), sfatando miti, pregiudizi e restituendoci una visione del micio diversa da quella ideale e idealizzata. Lo abbiamo intervistato.

Perché questo libro?
“Ho sempre pensato che vi sia molto di non detto sul gatto e i libri che in questi anni ho avuto modo di leggere, per quanto utili e interessanti, mi sembravano non cogliere un aspetto fondamentale del piccolo felino, vale a dire l’area motivazionale. In poche parole: quali sono le attività che piacciono in genere ai gatti, qual è la loro dimensione del desiderio? L’essere umano ama fare raccolte, i cani muoiono dalla voglia di collaborare con noi… e i gatti? Sì, perché solo conoscendo i loro desideri di base potremmo veramente costruire una relazione di coinvolgimento e non solo di convivenza o addirittura di tolleranza. Molti si lamentano dell’individualismo distaccato del proprio gatto, ma difficilmente si mettono realmente in discussione, vale a dire si chiedono se sono in grado di entrare convenientemente nei luoghi del loro desiderio. Il gatto ha una sua identità, molto specifica e particolare, non può essere trattato come controfigura del cane e, tanto meno, assimilato a un peluche bello da vedere e piacevole da accarezzare. Ho voluto perciò partire da questa identità che desidera, che viene al mondo con già degli obiettivi tutti suoi che meritano di essere presi in seria considerazione se si vuol costruire una relazione reciprocamente appagante”.

Nel libro analizza la specificità del gatto e la relazione con l’uomo. Analizza anche diversi “luoghi comuni” sorti attorno al piccolo felino. Partiamo da uno dei più gettonati: il gatto non si affeziona all’uomo?
“Il gatto ha una disposizione sociale molto differente dall’essere umano, che spesso costruisce legami basandosi esclusivamente sull’affettività, e altrettanto differente dal cane, che al contrario basa il suo stare insieme nella collaborazione. Il gatto costruisce legami molto profondi e intimi con l’essere umano, ma basati sulla convivialità un po’ distratta, sul sentirsi rassicurato, sul piacere della regressione infantile. Insomma il gatto mal sopporta la morbosità affettiva e di certo non desidera fare attività collaborative. Per questo mostra un po’ d’indipendenza nella relazione e di certo non ubbidisce ai nostri comandi. Molti dimenticano che il gatto è un solista, cioè è abituato a badare a se stesso in piena autonomia. D’altro canto essere un solista non significa e non coincide con l’essere un solitario. Il gatto si affeziona molto alle persone, crea legami di vera e propria amicizia, ma chiede che il mondo intorno a lui lo rassicuri perché è un animale molto sensibile, grandioso e vulnerabile nello stesso tempo. Anche la casa pertanto dev’essere rassicurante, perché per il gatto essa rappresenta la sua dimensione di vita, il luogo non solo del comfort ma soprattutto della sicurezza. I luoghi comuni che vengono riservati al gatto sono perciò solo frutto di ignoranza e della pretesa, tutta umana, che gli animali si facciano zerbino ai nostri piedi. Beh, il gatto non potrà mai essere un fedele servitore, ma solo un compagno per momenti di relax”. 



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