La gatta Puppi e il giardino magico

Quella che stiamo per raccontarvi è la storia di un giardino fantastico, dove i gatti fanno passaparola e si ritrovano lì, con la certezza di trovare un posto sicuro, accogliente e con tanta pappa a disposizione. La protagonista umana è una donna di Roma, si chiama Matteuccia e ci racconta la sua storia con parole ricamate nell’amore infinito che prova per i gatti. Matteuccia vive nella casa in cui è nata, un’abitazione che è circondata da un rigoglioso giardino, che lei ama descrivere come “non ordinato ma pieno di vita”: ci sono dei grandi cerri che danno ombra, arbusti, cespugli, alberi da frutto, c’è una magnolia che inonda l’aria con il profumo dei suoi fiori, c’è un melograno che in autunno regala tanti frutti, un susino che dona prugne che diventeranno marmellata, rose profumatissime che Matteuccia comprò insieme alla mamma quando era piccola insieme a giacinti, tulipani e un cedro bianco. E poi ci sono loro, i gatti della “Brigata Puppi”: Smerlotto the Boss, Blink, Mamy, Nocciolina, Bubbini, Junior, Pallette, Due Calzini, Roscio, Sugar solo per citarne alcuni. E, prima di loro, ce ne sono stati tanti altri.

Tutto ha inizio nel febbraio del 2016, quando muore l’amatissima gatta Puppi. Racconta Matteuccia: «Puppi era randagia, si presentò alla mia porta in cerca di cibo, quando vivevo da sola in un’altra casa. Ci vollero solo tre giorni e Puppi scelse di vivere con me. Stavo vivendo un momento complicato, insicura in una relazione sentimentale e sembrava che Puppi fosse venuta per salvarmi. Così un giorno guardai Puppi negli occhi e le dissi che se fossimo rimaste sempre insieme, non saremmo mai più state sole. Ci saremmo state una per l’altra. E fu così. Puppi era tutta nera ed elegantissima nei movimenti. Qualche tempo dopo il mio cuore era guarito, la relazione si era aggiustata: lui e io inventammo molte canzoni per lei, che ancora le cantiamo quando sentiamo arrivare la morsa della sua mancanza. Puppi era con me nella malattia di mio padre, che morì un anno prima di lei. Avevo quarant’anni e mi sentivo a pezzi, perseguitata da un destino malvagio e crudele. Mio padre era speciale, un uomo intelligente e spiritoso ed era la mia roccia. Mi sentivo senza la sua protezione, senza pace. Anche lui amava i gatti ed era perfetto per loro perché di carattere amava esaudire tutti i desideri degli altri: figurarsi con dei mici, che non aspettano altro di essere serviti e riveriti! Perdere un anno dopo anche Puppi, che aveva lenito questo mio grande dolore, era davvero troppo»

Eppure le cose stavano per prendere una svolta: stava per nascere il Giardino magico! Prosegue Matteuccia: «Dopo la morte di papà ero tornata a vivere nella casa di famiglia, con quel bellissimo giardino. Sapevo che giravano dei gatti anche nelle zone verdi accanto alla mia ma non ci avevo fatto caso più di tanto. Puppi ci aveva appena lasciati e il mio ragazzo mi suggerì di mettere le scatolette che ancora avevamo, a disposizione dei mici randagi. Mi sembrò una buona idea: eravamo in pieno inverno, forse potevamo davvero aiutare qualche micio che girovagava in zona. E poi avevo bisogno di vedere gatti vicino a me».

Quella sera Matteuccia mette del cibo in una ciotola fuori, in giardino. La mattina dopo è vuota. E così per diversi giorni quando finalmente un giorno avvista lui, quello che avrebbe chiamato Smerlotto the Boss. «Il nome è quello di un personaggio del famoso romanzo La Collina dei Conigli. Lo vidi dormire insieme a un altro gatto nero grosso e allora misi anche delle cucce morbide. Alle volte si azzuffavano, altre dormivano uno accanto all’altro. Smerlotto mi guardava con uno sguardo bieco e minaccioso, quasi a dirmi “Ehi tu bipede, sbrigati con quella pappa”». Giovanna però ancora non sapeva che da lì a poco il suo giardino sarebbe diventato un punto di riferimento per tutti gli altri mici. Smerlotto infatti chiamò anche tutti gli altri e soprattutto “le altre”, diverse gattine incinta, che non si facevano avvicinare e tanto meno non permettevano che l’umana si avvicinasse ai piccoli, tutti neri ovviamente. Così Matteuccia decide di chiedere aiuto a una volontaria dell’Enpa: «Le dissi che i mici neri che stavo aiutando erano circa sette. Lei scoppiò a ridere, mi guardò e disse: “Giovanna, ti stanno facendo fessa. Quando ne vedi uno, in realtà sono tre”. Insomma, stavamo sui venti mici. E così fu un inverno di catture per curarli e sterilizzarli. Appostamenti infiniti, silenzi, strategie e un carico emotivo piuttosto pesante: non era bello ingannarli e poi vederli terrorizzati nella gabbie. Però venivamo ripagati con la felicità di riportarli poi a casa dopo la sterilizzazione e le cure. Mi piace pensare che sia stata Puppi, a spingermi in questa direzione».

È anche questa la magia dei gatti: dal dolore della perdita nasce qualcosa di vitale, di forte, di importante. Dice Matteuccia: «Molti amici non capiscono, pensano che mi sia rovinata la vita. Invece loro, i gatti, hanno dato un senso a questa mia vita, tenendomi “di qua”, quando spesso mi sono sporta “di là”. Mi hanno reso più tranquilla, parlo più piano, ho nervi più saldi. Difficile spiegare che quando un forastico si fida di me, sento che sono stata utile: la fiducia di un gatto, per me vale più di un viaggio esotico o altri beni materiali. Quando vado a dormire penso che sono servita a qualcosa, a dare loro rifugio e cibo, a tenerli al sicuro e nutriti. A dare loro coperte calde d’inverno e ombra e acqua fresca d’estate. A tenerli lontani dalle malattie che contraggono i maschi azzuffandosi per l’accoppiamento, e le femmine dagli accoppiamenti ripetuti. Mi hanno insegnato una cosa che avevo bisogno di imparare: dare senza ricevere nulla in cambio. Io vorrei accarezzarli tutti e loro invece non si lasciano fare. Eppure mi vogliono bene in qualche modo e io li accetto così come sono. La distanza fra noi si accorcia, e chissà che un giorno non riesca ad accarezzare Smerlotto».

E nel giardino magico quanti gatti ancora troveranno riparo? Per scoprirlo le avventure dei mici del giardino magico sulla pagina Facebook di Matteuccia