Quando è morto il mio gatto, quasi mi vergogno a confessarlo, ma ho sofferto più che per la morte di papà

La confessione di Vittorio Feltri:

Provo per i quattro zampe una attrazione forte. Nel corso della mia lunga vita mi sono dedicato agli animali con lo stesso slancio, forse di più, che ho riservato ai miei quattro figli, troppi a dire il vero, ma tant’ è. Avevo quattordici anni quando una ragazza mi regalò un piccolo gatto assai peloso. Avevo l’età ormai per imporre la mia volontà in famiglia, e mi tenni il soffice quadrupede. Lo chiamai Vècio e non mi separai più da lui. Lo imboccavo, gli parlavo, la sera veniva a letto con me, si accucciava non sopra ma sotto le coperte. Dormivamo sempre insieme. Quando si ammalò e morì piansi a lungo, il dolore fu così acuto da superare quello patito per la perdita di mio padre, avvenuta anni prima. Mi vergogno quasi a confessarlo, eppure è così. Poi ho avuto e ho ancora vari gatti e per ciascuno di loro ho nutrito un sentimento intenso che non riesco a giustificare.

Estratto dell’articolo su Liberoquoditiano.it